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La gestione della sconfitta

Continua la pubblicazione de Il Dono: capitolo VI

In verità, anche la fase post-elettorale è stata costellata da errori evidenti: guidata da un pressapochismo politico reso ancora più pericoloso dal frastuono mentale nel quale i dirigenti del PD si sono trovati dopo la sonora sconfitta.      

Il Partito Democratico ha ripetuto gli errori che fece Bersani subito dopo le elezioni del 2014, quelli che lo portarono, dopo il difficile confronto con il Movimento 5Stelle, al discutibile patto con Berlusconi ed alla definitiva alleanza con la “costola” Alfano!

A chi dovesse tornare alla mente la diretta streaming tra Bersani ed i 5Stelle, non potrà sfuggire la brutta figura del leader PD, esposto alla berlina dall’atteggiamento provocatorio dei rappresentanti penta-stellati. Mancò, allora, la fantasia ed il coraggio di una proposta radicalmente innovativa da parte del PD!

Scriveva Simone Weil che “l’umiltà è la capacità di farsi carico delle ragioni dell’altro”.

Quello che mancò, al PD ed a Bersani, fu proprio l’umiltà nell’approccio con la dirigenza dei 5Stelle che avevano vinto le elezioni riuscendo a portare in Parlamento una rappresentanza numericamente molto forte. Allora, sarebbe stato sufficiente un semplice ragionamento, fondato sui numeri, per capire che delle due l’una: o il PD sarebbe riuscito a trovare un’intesa con il Movimento oppure avrebbe dovuto consegnarsi nelle mani di Berlusconi e dei suoi alleati.

Rispetto alla necessità-opportunità di “approfondire” (il minimo che un partito politico “avrebbe dovuto” fare era quello di valutare e studiare le ragioni della vittoria degli altri) il significato del voto che aveva premiato i grillini, il PD scelse l’altra strada, consapevole dei rischi che avrebbe corso, per effetto dell’abbraccio con il nemico di sempre (Berlusconi) ma soprattutto per la continuità con le scelte di governo, già bocciate dall’elettorato con un segnale inequivocabile.

Se fosse prevalsa un po’ di intelligenza e la “capacità di farsi carico” dei desideri dei tanti elettori che avevano lasciato il PD e si erano affidati ai grillini, ingenui ed inesperti ma potenzialmente onesti ed affidabili, l’approccio con il Movimento avrebbe dovuto essere assolutamente diverso.

Perché l’eccezionalità della situazione, determinata da un voto “sconvolgente”, non meritava una gestione secondo le vecchie liturgie della politica ma imponeva un coraggio ed una fantasia alla quale i dirigenti del PD non erano pronti.

In Politica, si sa, la presunzione è più pericolosa e dannosa dell’ignoranza! Ma questa è una lezione che, in Italia, la Sinistra non ha ancora capito! Soprattutto la sinistra delle “élite” che, nella prima Repubblica, non riuscì mai a sfondare nel cuore dell’elettorato italiano, malgrado tanti leader intelligenti e preparati e gli esempi virtuosi di alcune amministrazioni rosse!

Ancora oggi, tanti ex elettori del PD non si spiegano come mai il loro partito abbia negato il proprio voto per la Presidenza della Repubblica ad un giurista come Rodotà, lasciando la bandiera della sua onestà e competenza nelle mani dei 5Stelle! Così come in tanti non comprendono come e perché, negli anni successivi, quel partito abbia chiuso ogni possibilità di comunicazione e di confronto con il Movimento e con i suoi rappresentanti, presenti in Parlamento e fuori! Ed infine, resta incomprensibile a molti, l’atteggiamento ipergarantista del PD rispetto alle giuste critiche sulla “onestà e correttezza” di comportamento dei suoi rappresentanti dentro e fuori le istituzioni.

A volte mi chiedo (ma era un’idea già viva ai tempi dell’incontro in diretta streaming tra Bersani e la delegazione dei 5Stelle), e se Bersani avesse chiesto al suo partito il mandato a trattare con i 5Stelle con una proposta del genere: “poiché noi non abbiamo una maggioranza autonoma e voi siete, nei fatti, il primo partito (con il 25,5% rispetto al 25,4%), siamo pronti ad appoggiare, dall’esterno e/o con tecnici da noi indicati, un vostro governo, avviando una discussione, nel merito, sui programmi e sulle scelte da fare…?!?”      

Mi domando: cosa avrebbe potuto temere il PD da un governo a guida 5Stelle in una fase nella quale la loro presenza parlamentare era formata, quasi esclusivamente, da giovani di bella speranza ma privi dei fondamentali nella gestione della cosa pubblica? Forse un’”esperienza ravvicinata” con i valori di trasparenza, legalità ed onestà (oltre che con le scelte a difesa dei poveri, degli esclusi, dei disoccupati…etc) avrebbe costituito un pericolo per un partito che pure si richiamava ai valori della sinistra ed a quelli del cattolicesimo democratico? Chi tra i due possibili alleati (Movimento 5Stelle e PD) rischiava di perdere di più da una siffatta alleanza? E, per contro, chi tra i due avrebbe potuto influenzare, positivamente, l’altro nelle decisioni finalizzate a progetti e risultati a favore del bene comune e, perciò, apprezzati dalla pubblica opinione?

Presunzione, mancanza di umiltà, cecità politica e, purtroppo, ferma determinazione a perseverare solo nella gestione del potere (come Barca aveva lucidamente descritto nel suo Manifesto) impedirono al PD scelte coraggiose e rivoluzionarie che avrebbero potuto arrestare il declino, rinnovare la passione politica dei cittadini e rilanciare il partito.

Quella classe dirigente non fu all’altezza di un comportamento così coraggioso ed intraprendente! Non fu aiutata nemmeno da tanti osservatori, giornalisti e uomini di cultura che rifiutarono di capire il successo del Movimento 5Stelle. Infine, essi non fecero niente nemmeno per intestarsi alcune delle battaglie, ideali e sociali, per le quali erano stati premiati i 5Stelle!

In politica è pacifico che, quando ci si rende conto che l’avversario riscuote consensi su alcune questioni e tematiche, si ha il dovere, nella logica della competizione, di “preoccuparsi di quelle questioni e di quei problemi”, se mai offrendo una soluzione migliore e più ragionata ma sempre finalizzata a soddisfare i bisogni dei cittadini. E’ una regola elementare della politica: non la discussione nei salotti per “spaccare il capello” su ogni possibile alternativa o su quale possa essere la soluzione “più di sinistra”, ma una presa di posizione concreta ed efficace a difesa degli interessi, dei bisogni e delle necessità dei cittadini; del bene di tutti o quanto meno della maggioranza di essi, prima di ogni altra disquisizione sui tempi e sulle modalità da adottare per risolvere i problemi.

Oggi, il Partito Democratico, a distanza di mesi dalla batosta più sonora che la storia politica italiana possa ricordare, sta ancora a discutere sui nomi, sui tempi e sulle modalità dell’elezione del segretario, sulle poltrone da occupare nelle Istituzioni, sul ruolo di Renzi e dei suoi fedelissimi che hanno in mano il pacchetto azionario (le tessere) più consistente del partito!

La Politica (in verità, una politica nemmeno tanto bella ed interessante) la lasciano fare ad altri: convinti, come sono, di essere dalla parte della ragione. Si sono messi tutti comodi, in fila lungo il fiume, in attesa che il cadavere dell’alleanza giallo-verde passi da un momento all’altro, come unico risultato possibile delle insipienze e delle incapacità degli avversari! E nemmeno il rischio di una probabile vittoria della destra fascista e razzista sembra impensierirli più di tanto.

Eppure, sarebbe stato sufficiente trarre spunto dal pensiero di Papa Francesco per scoprire la soluzione idonea a fermare il disastro: “E’ tempo di sapere come progettare, in una cultura che privilegi il dialogo come forma di incontro, la ricerca di consenso e di accordi senza però separarla dalla preoccupazione per una società più giusta, capace di memoria e senza esclusione…. Si tratta di un accordo per vivere insieme, di un patto sociale e culturale (cfr Evangelii Gaudium, n.239)

Perciò, mi chiedo: come è stato possibile “rifiutare”, a priori, ogni possibilità di dialogo con il Movimento 5Stelle, costringendoli a trovare un’intesa con la Lega di Salvini? Quanti consensi sta guadagnando il PD per aver scelto l’Aventino e l’opposizione dura e pura? Ed infine, quali vantaggi ne avrà il Paese (e gli stessi elettori del PD) se le scelte economiche, politiche e sociali di questa strana alleanza di governo dovessero fallire?

Oggi, già a distanza da alcuni mesi dalla nascita del cosiddetto governo giallo-verde dovrebbe essere chiaro alla dirigenza del partito democratico che i punti di convergenza tra i loro programmi e quelli del Movimento 5Stelle erano di gran lunga maggiori di quelli trascritti nel “contratto” firmato da quest’ultimi ed i leghisti.

Ma una scelta di confronto e di dialogo sarebbe stata possibile solo se vi fosse stata la vera “abdicazione” di Renzi (e dei suoi più stretti collaboratori) rispetto alla funzione preminente all’interno del partito e dei gruppi parlamentari.  Ecco, un dialogo (per “vedere” le carte e/o per “capire” meglio fino a che punto fosse possibile un’intesa) sarebbe stato utile solo se quella classe dirigente avesse dimostrato un effettivo e concreto “spirito di servizio” a favore del bene comune, orientato a scelte a favore degli ultimi e, soprattutto, nell’interesse della “libertà e della democrazia” messe in pericolo dalla probabile vittoria di una destra sovranista e razzista, elevata alla guida del Paese.

Rispetto a queste prospettive i dirigenti del PD hanno messo in campo tutta la loro infinita supponenza: esponendo il Paese al rischio più grave, che non è quello del “default” economico ma quello del fallimento del sistema democratico!

In politica, la regola del tanto peggio tanto meglio non ha mai pagato. Perché certi comportamenti rischiano di far allontanare anche gli ultimi simpatizzanti del partito. E perché diventa sempre più difficile fare il tifo per un partito politico che si muove nell’irrilevanza ed appare destinato all’estinzione!

Sta di fatto che i sondaggi segnalano una continua emorragia di consensi. Perché, a mio sommesso avviso, i sondaggi descrivono, di solito, una tendenza che può diventare “valanga” al momento del voto: in positivo, a favore di chi sta vincendo se imbrocca le scelte giuste, all’ultimo momento, ed in negativo, per chi sta perdendo se continua nei comportamenti dissennati che hanno causato la sconfitta.

I dirigenti del PD sembrano avere la mente chiusa e la vista annebbiata: non riescono a cogliere le ragioni della sconfitta (non hanno ancora fatto un’analisi rigorosa delle cause); conseguentemente, non sono in grado di guardare lontano (al bene del Paese) e soprattutto “oltre” le loro personali convenienze!

Paradossalmente, mentre le correnti si riposizionano pensando al prossimo Congresso (senza nemmeno essere certi sul “se e quando” si farà) ed ognuno è impegnato ad organizzare le truppe di riserva, il più audace di tutti torna ad essere Matteo Renzi che, nella sua nona Leopolda, ha immaginato la costituzione di “comitati civici” per favorire la partecipazione dei cittadini, con l’impegno, spero che sia così, di non lasciarli ai margini della vita e delle scelte del partito, come è successo con le primarie.

Perché, i problemi veri per il PD sono di duplice natura: da un lato, la necessità di ricostruire una linea di comunicazione e di rapporti con la maggioranza dei cittadini, dall’altro, la volontà e la determinazione di operare una chiara scelta di campo, a favore dei valori e dei principi sui quali fondare le ragioni dell’impegno politico fino ad accendere di nuovo l’amore e la passione politica.